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Qual è la differenza tra separazione e divorzio?

RCon la separazione legale i coniugi non pongono fine al rapporto matrimoniale, ma ne sospendono gli effetti nell’attesa o di una riconciliazione o di un provvedimento di divorzio. La separazione può essere legale (consensuale o giudiziale) o semplicemente “di fatto”, ciò conseguente all’allontanamento di uno dei coniugi per volontà unilaterale, o per accordo, ma senza l’intervento di un Giudice.
La separazione legale (consensuale o giudiziale) rappresenta una delle condizioni (la più frequente) per poter addivenire al divorzio.

Con il divorzio (introdotto e disciplinato con la legge 1.12.1970 n. 898) viene invece pronunciato lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili (se è stato celebrato matrimonio concordatario con rito religioso, cattolico o di altra religione riconosciuta dalla Stato italiano). Col divorzio vengono a cessare definitivamente gli effetti del matrimonio, sia sul piano personale (uso del cognome del marito, presunzione di concepimento, etc.), sia sul piano patrimoniale. La cessazione del matrimonio produce effetti dal momento della sentenza di divorzio, senza che essa determini il venir meno dei rapporti stabiliti in costanza del vincolo matrimoniale. Solo a seguito di divorzio il coniuge può pervenire a nuove nozze.

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Qual è la differenza tra separazione consensuale e separazione giudiziale?

RNella separazione consensuale sussiste un accordo tra i coniugi in ordine alle condizioni (personali e patrimoniali) della separazione stessa. Il Tribunale si limita ad omologare tale accordo (cioè ad assicurarsi che siano rispettati i diritti di ciascun coniuge e della eventuale prole) mediante decreto.

Si ricorre, invece, alla separazione giudiziale in caso di disaccordo. In tale ipotesi la separazione viene pronunciata con sentenza dal Tribunale, che si impone nel determinare le condizioni.

Il diritto di chiedere la separazione (consensuale o giudiziale) spetta a ciascun coniuge, anche in mancanza di accordo dell’altro coniuge. La procedura si avvia mediante ricorso al Tribunale competente.

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Quando può aversi la separazione con addebito?

RNel pronunciare la separazione, ove ricorrano specifiche circostanze e se richiesto da una delle parti, il Giudice può dichiarare a quale dei due coniugi sia addebitabile la separazione. L’addebito assume rilevanza pratica e sostanziale per ciò che riguarda il diritto successorio (art. 548 e 585 c.c.) e la determinazione dell’assegno di mantenimento (art. 156 c.c.). Costituiscono fatti che possono condurre all’addebito della separazione quelli che ledono il dovere di lealtà, quali i maltrattamenti, l’omessa assistenza morale e materiale, l’abbandono ingiustificato della casa coniugale, puranche le vessazioni della suocera. Secondo la giurisprudenza, l’adulterio, di per sé, non è causa di addebito, se non quando sia grave e notorio al punto da determinare discredito sociale in pregiudizio dell’altro coniuge.

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Quando è dovuto l’assegno di mantenimento in sede di separazione?

RIl giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri (art. 156 c.c.). L’entità di tale somministrazione, comunqmente detta assegno di mantenimento, è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi del coniuge obbligato.

Resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti per chi versa in istato di bisogno e non è in grado di provvedere autonomamente e per ragioni obiettive. Diversamente dal mantenimento, gli alimenti rappresentano un contributo minimo e indispensabile per consentire di soddisfare i bisogni primari dell’individuo.

In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi (datore di lavoro, enti pensionistici, etc.), tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto.

Qualora sopravvengano giustificati motivi, il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti relativi all’assegno di mantenimento e alla prestazione degli alimenti.

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È possibile un accordo pre-matrimoniale?

RLa giurisprudenza stabilisce che, in tema di divorzio (ma il principio deve ritenersi valido anche in materia di separazione), la convenzione (detta accordo prematrimoniale) con cui gli interessati stabiliscono anticipatamente il regime giuridico relativamente alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è invalido, nella parte riguardante le condizioni per il mantenimento dei figli e del coniuge.

Questo per contrasto sia con l’art. 9 della L. 898/70, che non consente limitazioni di ordine temporale alla possibilità di revisione del regime divorzile, sia con l’art. 5, che, fissando i criteri per il riconoscimento e la determinazione di un assegno all’ex coniuge, configura un diritto insuscettibile, anteriormente al giudizio di divorzio, di rinunzia o transazione.

Un simile accordo viene considerato illecito perché rivolto, esplicitamente o implicitamente, a viziare, o quanto meno a circoscrivere, la libertà di difendersi in giudizio di divorzio, con irreparabile compromissione di un obbiettivo d’ordine pubblico come la tutela dell’istituto della famiglia (Cass. 3777/81).

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